La Morte nel Cinema Giapponese

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In questo periodo di quarantena forzata ho attraversato un po’ tutti gli stadi dello shock culturale. All'inizio una luna di miele durata letteralmente due settimane, quel periodo ancora un poco confuso in cui a tratti si tornava all'opera e a tratti no, ma che alla fine voleva dire che praticamente eravamo in vacanza. Sì, dovevamo fare un po’ più di attenzione a non stare troppo appiccicati e la battuta sul pipistrello o sui cinesi era di rito, ma tutto sommato gli assembramenti venivano accolti più con una certa sorpresa che con rabbia e risentimento.

Poi il secondo periodo di frustrazione: una volta che avevamo capito che le vacanze non potevamo durare per sempre, alla terza settimana è arrivato lo schiaffo della realtà. È iniziato il lockdown ma quello serio, i contagi e le morti sono diventati considerevolmente tanti e tutto il lavoro che avevamo deferito nei giorni precedenti si era materializzata improvvisamente sulle scrivanie di ognuno di noi, comodamente recapitata a casa propria sotto forma di smar uorchi. È stato proprio in questo momento che il mio pc ha ritenuto opportuno staccare la spina con un pattern che mi rendeva difficoltosa la vita più di come già non si fosse prospettata.

Poi è arrivato il periodo dell’adattamento: io che ho sempre convintamente usato la scusa del «a casa non riesco a studiare» per stare sempre a zonzo, mi sono ritrovato senza alcuna remota possibilità di avvalermi di tale pretesto per giustificare le mie prestazioni accademiche. A rigor di logica, quindi, in questo periodo non avrei aperto libro. Purtroppo ho dovuto fare i conti anche con la riflessione per cui, effettivamente, studiare era una delle poche cose che ormai ci fosse consentito fare nella comodità delle nostre case.

Ancora non credo di aver approcciato l’accettazione o almeno non in forma totale di questo nuovo modo di vivere. Sicuramente non ho fatto in tempo a finire il ciclo che ormai si vocifera sempre più di aprire tutto, smarmellare. Intanto però i piccoli momenti che avevo per me li ho dedicati, oltre all'arte culinaria e ai miei diletti da fantapoliticante, alla lettura del Dottor Zivago e alla visione di alcuni film.

In particolare mi ha colpito la ricorrenza nella produzione cinematografica nipponica di una tematica che spesso facciamo, in Occidente, difficoltà a trattare se non con una caratterizzazione canonica drammatica e negativa: la morte. Un po’ come ne parla il manuale di Alberto Mario Banti,

Questa trasformazione culturale [di rimozione della morte] ha effetti vari e piuttosto contraddittori. Da un lato può sollecitare nevrosi e depressione. Constatare che le fantasie riguardo all'eternità della bellezza, della giovinezza, dell'immunità dalla sofferenza, dalla malattia o dalla morte non sono altro che fantasie, può indurre a processi di rielaborazione del dolore, della delusione, del lutto. Per fortuna una lunghissima tradizione che nell'Occidente cristiano culmina nella passione di Cristo aiuta a trovare immagini e vicende per sopportare meglio questa delusione. Ma se saranno questi materiali che appartengono all'archivio culturale profondo dell'Occidente a riemergere e ad imporsi, o se sarà la paura della morte trasformatasi in un sentimento pacifista a dominare, molto dipenderà dall'interazione culturale e le dinamiche politiche, tra le quali è essenziale il rapporto che si instaurerà tra l'Occidente e le altre culture…

… e che rapporto sia! Non sono un critico cinematografico, però volevo suggerirvi la visione di questi film che magari non fanno parte della repository tipicamente eurocentrica dei film da vedere, e che magari possono dare una suggestione in più su come vedono il mondo da dove nasce il sole.

If Cats Disappeared from the World #

世界から猫が消えたなら, di Akira Nagai

Ero capitato per caso ad una proiezione di un cineforum organizzato da un gruppo di conversazione in Giapponese. Diciamo che non ero particolarmente in forma e volevo starmene un po’ per conto mio, ma questo è stato uno strizzamento intenzionale delle mie ghiandole lacrimali.

Storia poco originale, ma ben strutturata: un giovane postino scopre che ha una malattia terminale, e da quel momento il suo «demone» gemello viene a trovarlo ogni giorno trattando con lui giornate di vita in più, in cambio di alcuni oggetti della sua vita. Sembra poco tragica la situazione, se non per il fatto che questa sottrazione vale in modo retroattivo: il film quindi ripercorre tutte le storie che caratterizzano gli affetti più cari del protagonista, che però cascano a pezzi nel momento in cui lui sceglie di vivere un giorno in più.

Niente di particolare, ma carino e strappalacrime: da vedere se volete sentirvi estremamente emotivi.

When I Get Home, My Wife Always Pretends to be Dead #

家に帰ると妻が必ず死んだふりをしています, di Toshio Lee

Questo film l'ho beccato una volta al ritorno dal Giappone in aereo, e devo dire che è stato un modo divertente per trascorrere un sesto del viaggio. È la storia di una relazione coniugale: marito e moglie si avviano al terzo anniversario di matrimonio, che secondo loro può confermare o ribaltare la tenuta del loro rapporto. La moglie tuttavia inscena una sua morte per accoltellamento, e il marito è disperato: tuttavia scopre che si tratta di uno scherzo, e quindi si tranquillizzano presto facendo finta di niente. Tuttavia la moglie inizia a fare queste simulazioni di morte in modo sempre più assiduo e sempre più creativo: ad un certo punto arriva addirittura a farsi corredare nella scena da due alieni, fingendo una sua abduzione dal pianeta terra. Alla fine la morale (SPOILER ALERT) è che non sai mai cosa aspettarti, quindi non ti devi preoccupare delle scadenze e degli anniversari, ma devi cogliere l'attimo e vivere appieno la vita. Insomma quindi niente di speciale.

Tuttavia la cosa che mi ha colpito è che in tutto questa commedia normalissima fa da leitmotif il tema della morte, che però assume di per sè una dimensione comica. Un meccanismo che non mi immagino assolutamente nella produzione cinematografica occidentale.

Journey to the Shore #

岸辺の旅, di Kiyoshi Kurosawa

Questi ultimi due film invece li ho visti su MUBI, una piattaforma di streaming che mette ogni settimana un pacco di film “di nicchia”.

Journey to the Shore ha come protagonista un'insegnante di pianoforte che ha perso il marito suicida tre anni prima, ma che fa misteriosamente ritorno in casa. Da quel momento gli ex-coniugi decidono di andare assieme a fare un viaggio da alcune delle persone che hanno avuto le relazioni più strette con il marito, tratteggiando un lato di sè che la moglie non aveva ancora mai conosciuto.

Anche qui un film sul rapporto di coppia, ma totalmente opposto nel registro al precedente: una pellicola più riflessiva, diversa anche dalla produzione horror-oriented del regista. Qui ritorna una tematica vicina a quella della morte ma che costituisce un filone a sè, che è quello dei fantasmi. Non quelli vestiti con i lenzuoli: gli spiriti delle persone che sono venute a mancare, magari anche i più cari, ma che in qualche modo riemergono per farci compagnia e per aiutarci dall'oltretomba.

Summer Lights #

Lumières d'été, di Jean-Gabriel Périot

Il regista e la produzione sono francesi, ma il film è ambientato in Giappone. Un regista sta realizzando un documentario francese per raccontare la strage della bomba atomica a Hiroshima e sta raccogliendo alcune testimonianze. In una delle sue pause però incontra una ragazza che lo porta a scoprire la città e gli racconta il dramma che ha vissuto la città e i suoi cittadini, con un livello di dettaglio inusuale data la giovane età della ragazza. Il resto lo vedete voi…

Anche qui ritorna lo stesso leitmotif della pellicola di Kurosawa. Quelli che a noi ci appaiono come persone “normali” e scorrelate, in realtà potrebbero essere la manifestazione di un eterno ritorno, del presente che è inestricabilmente legato al passato.

Mi dispiace se ho ferito la sensibilità profonda di chi tra voi ritiene di dover approfondire ulteriormente l'analisi su questi film (che insomma poi non sono tutti da Féstival di Cannes). Diciamo che la mia intenzione era dare un overview su un modo che sembra che a noi non ci tocchi ma che, forse, può suggerirci qualcosa di nuovo.

 
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