I partiti in Italia dal 1945 al 2018

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Ho preso in prestito un libro uscito recentemente, I partiti in Italia dal 1945 al 2018 di Piero Ignazi, ordinario di Politica Comparata all'Alma Mater ed editorialista della Repubblica. L'appeal, oltre che dal contenuto e dal fatto che fosse tra i libri in evidenza della biblioteca, è dovuto anche a una grafica caratteristica dei libri del Mulino con quel bel Futura Bold che, ahimè, fa recere sui cartelli delle stazioni ma sta a pennello sulle copertine di libri di saggistica.

Ignazi fa un compendio lucido sulla storia dei partiti politici, studiati uno ad uno con i rispettivi capitoli. Una suddivisione che sembra impossibile, viste i vari branching e mergers di partiti, partitoni e partitelli: invece vengono fatte della categorizzazioni sensate, interesecando comunanze politico-ideologiche con evoluzioni temporali purtroppo molto accidentate. L'esposizione è concisa e brutale nella consequenzialità cronologica: uno stile asciutto, tuttavia condito con osservazioni con cui riesco difficilmente a dissentire, e numeri che confermano puntualmente risultati e fallimenti dei partiti politici italiani.

In realtà tutto questo va a sostegno di una tesi, forse troppo sveltamente, sviluppata nel testo. Nelle conclusioni l'autore sostiene che i partiti politici italiani seguono “una sorta di passo a ritroso nel processo dell'evoluzione umana”: età dell'oro, età del ferro ed età dell'argilla. Brevemente:

1) Durante l’età dell'oro (dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai primi anni Sessanta) i partiti sono le strutture che hanno difeso la patria e portano il paese alla conquista della libertà. Perciò godono di una buona opinione pubblica e si affida loro l'onerosa responsabilità di affrontare e risolvere i problemi della società. A riprova di ciò, l'affluenza delle urne si attesta sempre a valori maggiori del 90% fino al 1976.
2) La costante crescita dei partiti da risorsa si trasforma in un intralcio: infatti con l’età del ferro le dinamiche infra- e interpartitiche, costellate di clientelismo e lottizzazione nei confini dello Stato o delle cooperative per il PCI, diventano non più trascurabili e segnano un distacco dall'opinione pubblica. Sopraggiunge la parentesi degli Anni di Piombo, in cui il paese si ricompatta attorno ai partiti come la DC e a personalità credibili come Pertini; tuttavia l'interesse per la politica crolla drasticamente. Il colpo di grazia viene inflitto dal terremoto provocato dall'inchiesta Mani pulite.
3) Si inaugura così l’età dell'argilla, che provoca una crisi di legittimità nei confronti della classe politica, soprattutto per i componenti dei governi pentapartito. Si presenta Forza Italia come prima forza privata della classica struttura partitica, con una gestione più aziendalistica: si riconosce quasi in toto nella figura del leader-imprenditore Silvio Berlusconi, che porta con sè il suo partito nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. La sinistra comunista e confessionale si ritrovano nel grande contenitore del Partito Democratico, a parte trascurabili emorragie a destra e a manca. L'ultimo vero nuovo arrivato è però il Movimento Cinque Stelle: un partito (o movimento, se volete) dichiaratamente anti-establishment, che raccoglie sotto la sua egida movimentismi riconducibili a una sinistra bertinottiana, paladini della democrazia diretta e im-mediata e populisti antisovranisti e sicuritari. (Quasi) tutti questi nuovi attori della scena politica stanno dando sempre meno importanza del contributo delle persone, investendo sempre di più sulla comunicazione: il rischio è che, sempre più, i partiti finiscano per diventare scatole vuote e non assolvere il loro ruolo all'interno della nostra democrazia: trasmettere e rappresentare le domande dei cittadini.

Ritengo che un grande merito di questo libro (ma sicuramente ce ne saranno anche altri) sia quello di aver realizzato un compendio sintetico della linea politica in venti pagine, compito non trascurabile vista la fumosità e caoticità congenita di questo movimento politico. Infine, la lettura di questo libro mi ha confermato che il lupo perde il pelo ma non il vizio: la politica italiana attraverserà (ed ha attraversato) tempi felici e tempi infelici, ma non riuscirà mai a lasciarsi alle proprie spalle lo spettro del trasformismo.

 
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