Ci vuole molto coraggio

Per fare il Nordus, la Val, il Metrò cittadino, l'elettrificazione della Valsugana, l'interramento della ferrovia, il treno Rovereto - Riva, la Ring, le corsie preferenziali. È da anni che il Trentino pullula di stime, di studi di fattibilità, di nomi futuristici e progetti faraonici, articoli di giornale e tavole rotonde, ma finora nessuno di questi progetti ha visto la realizzazione.

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Da una parte notiamo come ormai nella discussione pubblica certe tematiche come quelle citate vengano trattate con scherno, o anche con un pizzico di imbarazzo, come a riconoscere ormai il patologico fallimento di qualsiasi grande investimento su gomma e rotaie. Si tratta sicuramente di una serie di occasioni perse per convertire il traffico veicolare privato sul trasporto pubblico.

D'altra parte i dati ci mostrano una tendenza preoccupante con una grave situazione di congestione stradale, un peggioramento della qualità dell'aria che quindi impatta sullo stile di vita dei cittadini. Tuttavia come ben sappiamo, sostituire venti parcheggi con una pista ciclabile può costare caro in termini di consensi elettorali, più di quanto si possa immaginare. Questo è frutto di uno sfilacciamento del rapporto tra il decisore politico e l'elettore, per cui scegliere un candidato o un altro non significa più sposare una visione organica e contestuale di una città, un territorio, un paese. La scelta elettorale, purtroppo, forse è più paragonabile alla preferenza per un gelato o un altro, a seconda di cosa si trova più sfizioso.

Da «foresto» ho sempre visto il Trentino come un laboratorio permanente di sperimentazione territoriale, capace andare oltre l'interesse politico contingente e investire autonomamente le proprie risorse in scelte lungimiranti. Peccato che negli ultimi tempi la politica trentina abbia invece dimenticato come il modo in cui si spostano le persone sul proprio territorio determina, certo, l'inquinamento atmosferico e i tempi di percorrenza dei viaggi. Ma concorre in modo decisivo anche alle opportunità di impiego, all’integrazione sociale e allo sviluppo economico delle aree geograficamente marginali come le zone montuose, al ripopolamento delle valli, al turismo di qualità, e ovviamente all'adozione di forme di mobilità sostenibile.

Sketch del masterplan della città del 2002

Per fare un esempio: tanto si è discusso del cosiddetto Boulevard di Busquets, il progetto del celebre architetto spagnolo autore della variante al PRG di Vittorini, un viale alberato sulle ferrovie interrate come ricucitura della città sull'asse est-ovest. Preso atto del fatto che questa cicatrice c'è e va curata, bisogna fare attenzione a non replicare gli errori dell'esperienza delle Albere: per dare vita ad un quartiere, una strada o una piazza non bastano solo soldi o buone idee, ma ci vogliono anche persone e relazioni che siano il cuore pulsante di quel vicinato. Perché allora non dare l'oppportunità all'Università, che sul Boulevard si affaccerebbe con il Molino Vittoria, Palazzo Prodi, ex-CTE e con la Biblioteca Universitaria, e alla sua comunità di essere il presidio culturale, economico e sociale della città ricucita?

Non credo che al Trentino manchino le risorse, nè le idee, per compiere scelte decisive nei prossimi anni. Però ci vuole coraggio. Ci vuole molto coraggio.

Questo articolo è stato pubblicato sul Numero 529 pubblicato il Gennaio 2020 della rivista UCT - Uomo Città Territorio, che ringrazio assieme a Federico Zappini, che mi ha ficcato in questa zappinata. Lo trovate dai rivenditori convenzionati!

 
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